Nothing more than a mass grave
Una raccolta postuma del progetto musicale death-industrial Atrax morgue, annunciata il 23 agosto 2022 dall’etichetta milanese Urashima, ci dà l’occasione di fare alcune riflessioni di carattere critico sull’opera di Marco Corbelli, artefice del progetto musicale.
Partendo dal basso, e cioè da una considerazione sulla complessità dell’esperienza umana che si configura approcciandosi ai suoi lavori. La morte di Corbelli, avvenuta per suicidio nel 2007, è un fatto drammatico che in maniera ineludibile ha trasfigurato la percezione della sua opera e da questo dato non è certo possibile prescindere, tanto più perché tutto quanto egli ha compiuto da facitore e disfacitore di suoni e grafiks ruotava nella sua interezza attorno al tema impossibile della raffigurazione della morte.
Non per questo merita di essere relegato a misera figurina nel campionario sempreverde di bizzarrie della scena musicale, a vittima del mal de vivre di bassa letteratura, a feticcio di culto per pochi eletti. Un approccio di pura pigrizia intellettuale che non renderebbe onore né all’uomo (alla sua intimità) né al suo percorso, soprattutto ora che la sua anti-opera, realizzata perlopiù tra il 1993 e il 2006, è ormai ampiamente disponibile e può essere criticamente e storicamente valutata. Senza sconti e senza maggiorazioni.
Death should be handled with care
In questo articolo, che intende focalizzarsi principalmente sulla parte sonora dell’opera di Marco Corbelli, abbiamo deciso di non replicare le immagini utilizzate nelle grafiks dei suoi tape/cd. Questo perché crediamo che non siano da separare all'oggetto artistco di cui fanno parte. Tanto più oggi, nella a noi sgraditissima epoca della comunicazione di massa, un tempo in cui ogni rappresentazione fotografica di questi ed altri eventi cruciali del tempo di vita umano è diventata pura pornografia.
Atrax Morgue was born in 1993. It is a negation. Sonic violence, direct energy and action. Cold, throbbing, obsessive and deranged. Sounds from the terminal stage.
Marco Corbelli inizia ad interessarsi di musica industriale alla fine degli anni ‘80. Oltre ai grandi nomi internazionali come Whitehouse, Genocide organ e l’etichetta svedese Cold meat industry, i suoi riferimenti all’epoca (per sonorità e soprattutto per vicinanza estetica) sono musicisti dell’area rumoristica post industriale italiana come Maurizio Bianchi, The sodality di Andrea Cernotto, Pierpaolo Zoppo di Mauthausen orchestra. Compone e pubblica fanzine cartacee che oggi definiamo “controculturali”, o alla peggio underground, ma che un tempo avremmo ascritto al ventre delle ossessioni di Lautréamont e Georges Bataille, due giganti le cui ombre hanno riverberato non soltanto su Marco Corbelli, ma su tutta quella scena musicale che dagli anni ‘80 ad oggi è stata filiazione diretta o indiretta dei Throbbing gristle.
Quelli citati sono “progetti autonomi che si sviluppano da un comune disagio interiore, da un rifiuto individualistico della morale e dei codici sociali, alla ricerca della purificazione o dell’auto-distruzione. La morte dell’idea stessa della possibilità di una utopia positiva ha mostrato la terribile realtà di una civiltà costruita sull’abuso sistematico, sull’omicidio e sulla privazione della personalità. (…) Da qui la necessità di distruggere letteralmente il paesaggio musicale, di riempire un mondo post-industriale con il rumore dei circuiti e delle macchine, come un ragno nero che costruisce la sua tela all’interno dei pannelli computerizzati.” Vittore Baroni, (1983), ”Italiano industriale”, in Area condizionata cult/aural magazine 1.
Nel giro italiano delle tapes e delle fanzine di primi anni novanta il nome di Marco Corbelli è inizialmente legato, più che al nome Atrax morgue, alla sua etichetta Slaughter productions, devota al death-industrial più cupo e ossessivo. In questa fase Corbelli è, prima che musicista, un ottimo curatore di compilation (Death odors, From sickness to death) che racchiudono i migliori progetti del genere: Megaptera, raison d’être, Inanna, Archon satani, Shee Retina Stimulants.
Dopo una serie di lavori ancora legati alle atmosfere dark-ambient della Cold meat, è con Woundfucker del 1994 che il suono di Atrax morgue assume una modalità espressiva più convincente.
L’atmosfera è fredda e spietata. Una spietatezza che è diretta ancor prima verso l’autore stesso che verso l’ascoltatore, il quale assume in questo caso il ruolo silenzioso e dolente di un pubblico che osserva un corpo morto sulla strada, dopo che l’omicidio è già avvenuto, e quindi in assenza di azione vera. Scomparso l’autore non rimane che la materia oscura. Tutto in questa espressione sonora ci parla di mancanza: manca l’artista, auto-costretto ad esibirsi in una ruminazione disconnessa, distorta, dolente e amara, tutta interiore; manca la manipolazione della materia sonora, minimalizzata al limite estremo della polarità negativa, della pulsazione immobile.
The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living
“Un animale privo di sangue, immobile, che non genera né imputridisce, un che di organico e quindi vivente. Il taglio stesso, così preciso, netto, incostestabile, è il taglio fatto da una macchina di alta precisione che mostra un nuovo modo per sezionare i corpi: neppure i macellai sopravvivono.”
É un discorso sulla morte che il mondo dell’arte coevo agli esordi di Corbelli conosceva bene. L’artista inglese Damien Hirst, nel 1991, presenta al pubblico la prima delle sue controverse nature morte: uno squalo tigre catturato nella baia di Hervey in Australia, ucciso e rinchiuso in una teca a galleggiare in una soluzione di formaldeide. Come si può leggere in svariate analisi critiche dell’opera di Hirst, quello che rende questo squalo così impressionante, al di là dell’aspetto naturalistico, è la possibilità di osservare un animale feroce astratto dal contesto naturale, preservato nella morte e surreale nella sua immobilità. La maggior parte delle persone non vedrà mai uno squalo se non in un film o all’acquario, per cui l’opera di Hirst, così come il teatro di Hermann Nitsch, fungono da rappresentazione simbolica di ciò che non è altrimenti rappresentabile.
Rispetto agli artisti sopra menzionati, Atrax morgue si sviluppa e muore certamente in un contesto più provinciale, ma acquisisce un surplus di claustrofobia che rende l’opera più soffocante e meno spendibile nei circuiti artistici a la page. Marco Corbelli induce il pubblico a confrontarsi con le proprie paure, ma in un contesto meno sicuro e controllato come quello della galleria d’arte. L’ascolto privato della sua musica rimuove le barriere tra creatore e fruitore e ci trasporta nella tormentata intimità dell’artista più di quanto vorremmo fare. In un gioco spietato tra presenza e assenza.
Atrax Morgue – From degeneration to degeneration, 12 tapes in wooden box con libro di 40 pagine, Urashima. Per chi cercasse un approfondimento sulla biografia e l'opera di Marco Corbelli, rimandiamo alle ottime pagine di Alessandro Papa “ATRAX MORGUE (Marco Corbelli)”, in Rumori sacri, End of Kali Yuga editions, 2011.